Mi confronto con pittori che condividino il mio modo di pensare – il concetto di gruppo è molto importante per me: le cose non arrivano mai dal nulla. Abbiamo maturato alcune idee nel corso di lunghe conversazioni. Isolarsi in campagna non è ad esempio una cosa che fa per me. Uno dipende dal proprio ambiente e dunque dagli scambi con gli altri artisti – e soprattutto con Lueg e Polke- sono davvero importanti: mi arricchiscono di quegli stimoli di cui ho bisogno.
Le immagini sono idee in forma pittorica e l'idea deve essere leggibile, sia nella singola immagine che nel contesto collettivo. Il che presuppone, ovviamente, che le parole sono utilizzate per veicolare informazioni sull'idea e sul contesto. Tuttavia niente di tutto ciò vuol dire che le immagini funzionano come illustrazione di un'idea: in ultima analisi, esse sono l'idea. Né che la formulazione verbale di un'idea possa essere considerata come una traduzione della dimensione visiva. È piuttosto un'interpretazione, letteralmente una riflessione.
In realtà, sono costantemente scoraggiato dalla mia incapacità, dall'impossibilità di realizzare qualcosa, di dipingere un quadro valido, vero, o anche di sapere a che cosa assomiglierà. Ma poi confido sempre nel fatto che, perseverando, un giorno questo potrebbe accadere. E questa speranza è nutrita ogni volta che appare un qualcosa, uno sporadico accenno iniziale che mi ricorda quello che ho sempre atteso, o che ne trasmette anche solo un frammento. Anche se abbastanza spesso sono stato ingannato da un rapido cenno che poi svanisce, lasciando dietro solo le cose ordinarie.
Non ho motivi, ho solo motivazioni. Credo che la motivazione sia la cosa reale, naturale, e che il motivo sia antiquato, persino reazionario (tanto stupido quanto la domanda sul senso della vita).
Che ruolo gioca il caso nei suoi dipinti?
Un ruolo essenziale, come sempre. Ci sono state delle volte in cui questo mi preoccupava molto, e in cui consideravo questa dipendenza dal caso come una mia lacuna.
Vi sono delle differenze nel suo modo di considerare il caso, rispetto a Pollock, o all'automatismo surrealista?
Certo che ce ne sono. Innanzi tutto, non è mai un caso cieco. È un caso sempre pianificato, ma che riserva anche molte sorprese. Ne ho bisogno per andare avanti, per estirpare i miei errori, per eliminare ciò che ho fatto in un modo sbagliato, per introdurre qualcosa di diverso e di dirompente. Sono spesso stupito nel constatare come il caso abbia risultati migliori dei miei.
Qual è la sua interpretazione del termine 'bellezza'?
Può essere un lavoro di Mondrian, un brano musicale di Schönberg o di Mozart, un dipinto di Leonardo, Barnett Newman o anche di Jackson Pollock. Questo è il bello per me. Ma anche la natura. Una persona può essere bella. E la bellezza è definita inoltre dall'essere 'intatta'. In effetti, noi esseri umani abbiamo questo ideale, di essere intatti e quindi belli.
Qual'è quindi la realtà e la verità nei suoi dipinti?
La verità: quando hanno una struttura simile e sono organizzati in una maniera tanto veritiera quanto la natura. Quando guardo dalla finestra, la verità per me è il modo in cui la natura si mostra nei suoi vari toni, colori e proporzioni. Questa verità ha una propria correttezza. Questa piccola porzione di natura, e, di fatto, ogni frammento di natura, rappresenta per me una sfida continua, ed è un modello per i miei dipinti.
Natura / Struttura. Nient'altro da aggiungere. I miei quadri si riducono a questo. Anche se 'ridurre' non è la parola giusta, visto che non si tratta di semplificazioni. Non riesco a verbalizzare ciò su cui lavoro: per me sono implicati, per definizione, una molteplicità di livelli. È ciò che vi é di più importante, di più vero.
Le illusioni, o piuttosto le sembianze, le apparenze, sono il tema della mia vita (potrebbe essere il discorso di benvenuto alle matricole dell'Accademia). Tutto ciò che è, o sembra visibile, lo è perché noi percepiamo l'apparenza che ne è il riflesso. Non vi è nient'altro di visibile.
Come fa a dirigere il caso di modo da far apparire delle immagini ben specifiche e con esse uno statement definito? Vi è un'intenzione a priori?
No, non ho un'immagine che visualizzo mentalmente. La mia intenzione è quella di arrivare ad un'immagine che non avevo pianificato. Questo metodo di scelta arbitraria, del caso, dell'ispirazione e della distruzione, può produrre un tipo specifico d'immagine, ma non produce mai un'immagine predeterminata. Ogni dipinto deve evolvere a partire da una logica pittorica o visiva: deve prendere forma come se fosse inevitabile. Astenendomi dal pianificarne il risultato, spero di ottenere la stessa coerenza ed oggettività che una qualsiasi parte di natura (o un ready-made) generalmente possiede. Ovviamente questo metodo permette di includere anche dei processi inconsci, per quanto possibile. L'unica cosa che voglio fare è trarne qualcosa di più interessante rispetto alle cose che posso pensare da solo.
Si è detto molto impressionato dalla Conferenza sul niente di John Cage, che ad un certo punto afferma: 'non ho niente da dire e lo sto dicendo'. Come ha interpretato quindi questo paradosso, e in che modo questo si pone rispetto al suo desiderio di evitare grandi asserzioni dichiarative con il suo lavoro?
Pensavo che l'origine fosse la stessa del modo in cui Cage utilizza il concetto del caso: qualcosa che non possiamo conoscere, e di cui non possiamo parlare più di tanto, in un senso filosofico molto classico: '.so di non sapere.'.
Tornando a quanto detto sulla fotografia come fonte per i lavori pittorici, sulla gamma di scelte che lei ha avuto, e sulla diversità della sua selezione, lei si riferiva alle procedure di arbitrarietà utilizzate da Cage come ad un modello?
Cage è molto più disciplinato. Ha fatto del caso un metodo, e l'ha utilizzato in modo costruttivo. Io non ho mai fatto una cosa del genere. Tutto è un po' più caotico per quel che mi riguarda.
Caotico nel senso di più arbitrario o di più intuitivo?
Forse più intuitivo. Credo che Cage sapesse di più quello che stava facendo. Potrei sbagliarmi del tutto, ma questa era la mia impressione.
Che cosa intende per tradizione, specialmente nel senso di conoscere talmente bene una tradizione al punto di staccarsene? E quando questo accade, cosa si interrompe?
L'impulso di interrompere una tradizione è un qualcosa di opportuno solo se si ha a che fare con una tradizione obsoleta, problematica. Non ci ho mai veramente pensato perché ho un approccio piuttosto all'antica: per me la tradizione equivale ad un valore (il che può essere una debolezza). In ogni caso, anche una tradizione positiva può creare delle forme di opposizione, soprattutto se troppo influente, troppo dominante, o complicata. Andrebbe in pratica a toccare quel lato umano che tende a far restar fermi sulla propria posizione.
La sua generazione è stata influenzata in modo significativo dal 1968, ma non e stato il suo caso. Pensa che anche questo sia dovuto alla GDR?
Sicuramente ha avuto a che fare con la GDT. Io in realtà non so cosa i manifestanti in Occidente volevano veramente. E 'stato fantastico qui, cosi’ tanta libertà, e quello era quello che loro chiamano muffa, classe media, e fascista, un periodo tetro.Tetro era quello che la GDR era, ed essa sola aveva adottato, quasi invariati, i metodi della Germania nazista di intimidazione e di idee sulla propaganda e l'uso della forza.
Se non credete in Dio, in che cosa credere?
Beh, in primo luogo, credo che bisogna sempre credere. E ' l'unico modo; dopo tutto siamo entrambi convinti che faremo questa mostra. Ma non posso credere in Dio, in quanto tale. Lui è troppo grande o troppo piccolo per me ed e’ sempre incomprensibile, incredibile.