Quando descriviamo un processo, redigiamo una fattura, o fotografiamo un albero, creiamo dei modelli senza i quali non sapremmo nulla della realtà e saremmo come gli animali. I quadri astratti sono dei modelli fittizi perché lasciano scorgere una realtà che non potremmo altrimenti vedere né descrivere, ma di cui possiamo ipotizzare l’esistenza.
Quando dipingo un quadro astratto (così come quando dipingo altri tipi di quadri), non so in anticipo a cosa assomiglierà, né so mentre sto dipingendo verso cosa mi sto dirigendo, o cosa fare per arrivarci. Dipingere è dunque procedere a tentoni in modo quasi disperato, come una persona indifesa lasciata in un ambiente che non conosce, come uno che ha tutti i mezzi, gli strumenti, le capacità e la voglia di costruire qualcosa di utile, ma che non si rivelerà essere una casa, né una sedia, né qualcos'altro definibile con un nome. Ma nonostante questo continuerà a lavorare nella vaga speranza che mettendo in pratica tutte le sue qualità, arriverà a un risultato corretto e significativo.
I quadri astratti non sono più aleatori di quelli figurativi (che si basano su un motivo che dovrebbe poi trasformarsi in immagine). L'unica differenza è che nei primi il 'motivo' evolve nel corso della realizzazione. Il che significa che all'inizio non so cosa voglio rappresentare, né come iniziare. Ho solo un'idea molto vaga e puntualmente falsa del tema che dovrà poi trasformarsi in immagine. E solo allora, motivato esclusivamente da questa ignoranza e frivolezza, sono pronto ad iniziare ( quell''esclusivamente' significa la vita!).
Talvolta i suoi quadri astratti sembrano dei paesaggi. Cerca una forma di realismo anche nell'astrazione?
Credo di essere alla ricerca della precisione. Il mio lavoro rispecchia talmente la realtà che cerco di trovare un grado di precisione corrispondente. Ma questo esclude il dipingere imitando (la realtà). Nella natura tutto è sempre perfetto: le proporzioni sono giuste, i colori sono in armonia con le forme. Se si vuole imitare tutto questo in pittura, lo si storpia inevitabilmente.
Nel 1976 ha iniziato a dipengere quadri astratti perché voleva arrivare ad un risultato che non avrebbe potuto anticipare. Così facendo ha inventato una nuova metodologia. Faceva questo parte delle sue sperimentazioni pittoriche?
Si. Ho iniziato nel 1976 con quadri astratti di piccole dimensioni che mi permettevano di fare tutto ciò che mi ero sempre negato: aggiungere degli elementi a caso. Ma poi ovviamente mi resi conto che nulla era aggiunto a caso. È stato un modo per aprire una nuova porta. Quando non so cosa sto per fare, quando non ho un'immagine di partenza (come quando, ad esempio, dipingo a partire da una fotografia), allora il caso e le scelte arbitrarie giocano un ruolo importante.
Do you often abandon abstract paintings?
Yes, I alter them much more often than the representational ones. They often turn out completely different to what I'd planned.
So you begin with an idea in your head about a feeling you want to create in a particular painting? How do you begin the abstract paintings?
Well, the beginning is actually quite easy, because I can still be quite free about the way I handle things – colours, shapes. And so a picture emerges that may look quite good for a while, so airy and colourful and new. But that will only last for a day at most, at which point it starts to look cheap and fake. And then the real work begins – changing, eradicating, starting again, and so on, until it's done.