Portraits

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Le foto di famiglia, immagini di gruppi sono davvero meravigliosie. Sono belle come i vecchi Maestri, altrettanto ricche e altrettanto slpendidamente composte (che cosa significa in ogni caso).

Lettere ai due amici artisti. Da Düsseldorf, 22 settembre 1964, di Helmut ed Erika Heinze, 1964 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Il significato formale del termine 'ritratto' ha influito nella creazione dei suoi ritratti? Ha analizzato il concetto tradizionale di ritratto o queste considerazioni sono secondarie rispetto alle sue tematiche?
I Purtroppo non ho molta familiarità con questi termini e non posso rispondere a queste domande. Ma certamente i ritratti sono importanti per me. Spero sempre di dipingere dei bei ritratti, ma oggi non posso più farlo. Oggi mi interessa di più dipingere dei bei quadri.

Interview with Susanne Ehrenfried, 1995, 1995 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Ha mai dipinto ritratti su commissione?
Si, negli anni Sessanta. I ritratti di Wachenfeld [CR: 104-3], Dwinger [CR: 103], Wasmuth [CR: 104-2], Schniewind [CR: 42, 42/1-2] and Schmela [CR: 37/1-3], ad esempio, erano lavori su commissione. Era una cosa normale negli anni Sessanta e a me andava benissimo perché mi permetteva di mettere tra parentesi i miei gusti artistici personali e di creare dei dipinti che fossero frutto del caso. Nonostante questo, con il passare degli anni, non mi interessò più lavorare in questo modo. Oggi nessuno mi fa più questo genere di proposte perché tutti sanno che Richter non fa più ritratti su commissione.

Interview with Susanne Ehrenfried, 1995, 1995 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

[…] I quadri Zio Rudi [CR: 85], Uomo con cane [CR: 94] e i 48 ritratti [CR: 324] mostrano la perdita della figura paterna: la fotografia dello zio piccolo e sperduto, ma splendente nella tenuta da ufficiale, l'immagine ambigua di suo padre che sembra quasi un clown, la schiera intimidatoria di ritratti di diversi modelli maschili. Tutti questi quadri si riferiscono all'idea della perdita del padre.
Si, è vero e non ho difficoltà ad ammetterlo perché è stata l'esperienza di un'intera generazione, quella del dopoguerra, o addirittura di due generazioni che hanno perso i padri per ragioni diverse: alcuni in senso letterale perché morti in guerra, altri perché tornarono a casa fisicamente e mentalmente distrutti, umiliati e rovinati. E poi c'erano anche quelli colpevoli di crimini. Tre generi di padre che non vorresti mai avere. Ogni bambino vuole avere un padre di cui essere fiero.

Interview with Babette Richter, 2002, 2002 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Come considera i suoi ritratti femminili?
Be', rivedendo recentemente nella mostra di New York tutti i ritratti di donna vicini, sono rimasto colpito da come queste immagini siano tra di loro in contraddizione. Ci sono immagini di donne idealizzate, a partire dal nudo di Ema [CR: 134], in cui sembra veramente che stia scendendo le scale come un angelo che scende dal cielo. Poi c'è il ritratto di mia figlia Betty [CR: 663-5], che è un altro tipo di idealizzazione perché il suo vero significato è l'aspirazione alla cultura, alla bellezza nell'arte, cose a cui noi non abbiamo più accesso; ed ecco perché volta le spalle. Poi c'è Lettrice [Reading Woman] [CR: 804], che è un'altra immagine idealizzata perché è talmente debitrice di Vermeer, l'artista-dio, che cerca di esprimere la stessa bellezza. Chi lo sa, forse rappresentano gli ideali a cui aspiro. Poi dall'altro lato ci sono le vittime. I quadri in bianco e nero di donne rappresentano piuttosto la loro quotidianità e attirano l'attenzione solo quando succede loro qualcosa di grave, quando diventano delle vittime, come nel caso delle otto infermiere tirocinanti [CR: 130], o di altre. I quadri diIsa paintings [CR: 790-4, 790-5] sono basati su delle foto che ho fatto io. Non ho mai invece dipinto mia madre. Appare solo in un ritratto di famiglia [CR: 30]

Interview with Babette Richter, 2002, 2002 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Oggi sappiamo che diversi ritratti rappresentano dei membri della sua famiglia e di queste persone conosciamo ormai le vicende. Prendiamo ad esempio il ritratto di sua zia Marianna [CR: 87], uccisa nel febbraio del 1945, o di suo zio Rudi [CR: 85], vestito con l'uniforme della Wehrmacht. Perché non ha raccontato questi fatti biografici per tanto tempo?
Non avevo voglia che le persone parlassero di questi argomenti. Volevo che osservassero le pitture e non l'artista o i suoi parenti, altrimenti mi avrebbero ben presto etichettato in qualche categoria e sarebbero arrivati a una conclusione affrettata. In realtà i fatti (i nomi e le date) non mi sono mai interessati granché. Queste cose sono come un linguaggio estraneo che può interferire con il linguaggio della pittura, o che può addirittura ostacolarne l'evoluzione. Possiamo paragonarlo ai sogni: abbiamo un linguaggio figurativo personale e molto specifico che possiamo accettare così com'è o cerare di tradurlo in modo grezzo e approssimativo. Certamente si possono ignorare i sogni, ma sarebbe un peccato perché i sogni sono utili.

SPIEGEL interview, conducted by Susanne Beyer and Ulrike Knöfel, 2005, 2005 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Sappiamo che lei ha sempre dipinto e continua a dipingere membri della sua famiglia. È un modo per affrontare i problemi?

Solo l'un per cento dei miei quadri raffigura i miei famigliari. Se mi aiutano ad affrontare i problemi? È probabile che l'unico modo per affrontare questi problemi sia per me di dipingerli. Ma le fotografie, quelle personali e le altre, mi affascinano a tal punto che voglio sempre dipingerle. A volte il vero significato di queste immagini mi si rivela solo più tardi.

 

SPIEGEL interview, conducted by Susanne Beyer and Ulrike Knöfel, 2005, 2005 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

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