Atlante

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Uno studente che stava facendo delle ricerche sul mio lavoro è risalito ai giornali e alle riviste in cui ho trovato queste immagini ed ha osservato che molti di questi giornali e riviste raccontavano storie macabre, di omicidi e di suicidi, che erano in contrasto con le immagini utilizzate. Vi è un contrasto tra il messaggio convogliato dal testo e quello omesso dall'illustrazione.

 

Comments on some works, 1991, 1991 SOURCE

La mia intenzione era piuttosto quella di far ordine e non prerdere traccia delle cose. Tutte queste scatole piene di fotografie e di schizzi ti appesantiscono, perché hanno qualcosa di incompleto, c'è qualcosa di non finito in esse. È quindi meglio presentare il materiale utilizzabile in un modo sistematico, e gettar via il resto. Così è nato l' Atlante, che ho esposto un paio di volte.

Interview with Stefan Koldehoff, 1999, 1999 SOURCE

L'Atlante appartiene al Lenbachhaus a Monaco. È da molto che ha smesso di appartenermi. Ogni tanto mi capita di rivederlo da qualche parte, ed è interessante perché ogni volta mi sembra diverso.

 

Interview with Stefan Koldehoff, 1999, 1999 SOURCE

All'inizio ho cercato di accogliere tutto quello che era qualcosa a metà strada tra arte e spazzatura e che in qualche modo sembrava importante per me ed un peccato da buttare via. Dopo un po' alcuni fogli in Atlas hanno acquisito un altro valore - cioè, mi sembrava che essi potevano stare in piedi anche in termini propri, non solo sotto la protezione dell'Atlante.

Interview with Dieter Schwarz, 1999, 1999 SOURCE

Sfogliando l'Atlante possiamo senz'altro affermare che negli ultimi anni ha dipinto meno a partire da fotografie. Il suo criterio di selezione è diventato più rigido?
Può essere, ma si tratta soprattutto del fatto che in questi anni ho potuto fare molte più fotografie, e non avrei potuto prendere in considerazione l'idea di dipingerle tutte. E quindi l'Atlante è stato anche un modo di collezionare le immagini, come un diario, un modo per ordinarle, per metterle da parte.

Interview with Astrid Kaspar, 2000, 2000 SOURCE

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