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Nel 1976 ha iniziato a dipengere quadri astratti perché voleva arrivare ad un risultato che non avrebbe potuto anticipare. Così facendo ha inventato una nuova metodologia. Faceva questo parte delle sue sperimentazioni pittoriche?
Si. Ho iniziato nel 1976 con quadri astratti di piccole dimensioni che mi permettevano di fare tutto ciò che mi ero sempre negato: aggiungere degli elementi a caso. Ma poi ovviamente mi resi conto che nulla era aggiunto a caso. È stato un modo per aprire una nuova porta. Quando non so cosa sto per fare, quando non ho un'immagine di partenza (come quando, ad esempio, dipingo a partire da una fotografia), allora il caso e le scelte arbitrarie giocano un ruolo importante.

 

Interview with Sabine Schütz, 1990, 1990 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Può parlarmi del suo manifesto sul Realismo capitalista?
Si trattava di un happening che feci con Konrad Lueg nel 1963 in un negozio di mobili. Era stato annunciato in alcuni giornali come l'inaugurazione di una mostra e le persone che vennero non sapevano che si trattava in realtà di una sorta di performance. In ogni caso non credo che questo episodio meriti di essere tanta attenzione. Ci siamo divertiti e il termine stesso, Realismo capitalista, ha effettivamente colpito nel segno. Ma non era, dopo tutto, gran cosa.

Interview with Dorothea Dietrich, 1985, 1985 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

1,024 Colori in 4 variazioni
Per rappresentare tutte le sfumature di colore esistenti in un dipinto, ho ideato un sistema – a partire dai tre colori primari, più il grigio- che ha reso possibile una suddivisione continua (differenziazione) attraverso gradazioni uguali. 4 x 4 = 16 x 4 = 64 x 4 = 256 x 4 = 1,024. Il moltiplicatore 4 era necessario perché volevo mantenere in un rapporto proporzionale costante la dimensione dell'immagine, la dimensione e il numero dei quadrati. Usare più di 1.024 tonalità (4.096 per esempio) mi sembrava inutile perché la differenza tra una sfumatura e l'altra non sarebbe più stata percepibile. La disposizione dei colori è stata prodotta da un procedimento casuale, così da ottenere un effetto di complessiva indifferenziazione, insieme a dei particolari interessanti. La griglia rigida impedisce la generazione di figure, anche se sforzandosi delle figure possono essere viste. Questo carattere di artificiale naturalismo mi affascina – così come il fatto che, se avessi dipinto tutte le permutazioni possibili, la luce avrebbe impiegato più di 400 miliardi di anni per viaggiare dalla prima immagine all'ultima. Ho voluto dipingere quattro grandi immagini colorate.

Text for catalogue of group exhibition, Palais des Beaux-Arts, Brussels, 1974, 1974 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Mi chiedevo se i primi quadri non figurativi che lei ha cominciato a dipingere nel 1966, i Campioni di colori, non rappresentassero una sorta di confronto diretto con l'arte Minimal. Dobbiamo interpretare questa fase come una nuova situazione conflittuale, come un rifiuto della dominazione americana, oppure si trattava piuttosto di un suo processo evolutivo, radicato nel contesto locale di Dusseldorf? C'entra qualcosa forse l'incontro con Blinky Palermo?
Si' certamente tutto ciò ha qualcosa a che fare con l'incontro con Palermo e con i suoi interessi, e più tardi anche con l'arte Minimal. Ma all'epoca in cui dipinsi i miei primi Campioni di colori, nel 1966, vi era piuttosto un rapporto con la Pop Art. Si trattava di copie dei campioni di pittura, e rappresentavano soprattuto una critica contro gli sforzi dei neo-costruttivisti, di Albers e via dicendo.

Interview with Benjamin H. D. Buchloh, 1986, 1986 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

L'idea di dipingere i Campioni di colori mi è venuta per la prima volta molti anni fa nel 1966; un interesse culminato nel 1974 con un dipinto che consisteva in 4096 campi di colore. Inizialmente fui attratto dall'estetica tipica della Pop Art che utilizza campioni di colori standard. Ho preferito illustrare i diversi toni in maniera non-artistica, profana e raffinata, rispetto ai dipinti di Albers, Bill, Calderara, Lohse, ecc.

Notes for a press conference, 28 July 2006, 2006 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Come vede tutto questo interesse in America nei confronti della RAF (Frazione Armata Rossa) e degli argomenti correlati, e, più in generale, come valuta l'efficacia di un'arte politica nell'America conservatrice?
Visto che gli americani sono piuttosto distanti dal tema della RAF, probabilmente vi si relazionano in un modo generale, in termini che sono rilevanti per ogni nazione moderna o anche non moderna: il pericolo generale del credo ideologico, del fanatismo e della distruzione. Un aspetto rilevante per ogni paese, compresi gli Stati Uniti, di cui lei parla, apparentemente, come di un paese conservatore. Ma posso cogliere anche un altro legame tra l'America e la RAF, e non intendo quello della guerra in Vietnam, contro cui Baader e Ensslin protestarono nel 1968 piazzando due dispositivi incendiari in due grandi magazzini a Francoforte. Vedo piuttosto un legame con il fatto che le attitudini e lo stile di vita del cosiddetto movimento del '68 furono fortemente influenzati dagli ideali americani. Lo stesso anti-americanismo non fu semplicemente una reazione all'egemonia degli Stati Uniti, ma venne largamente importato dall'America stessa.

Interview with Hubertus Butin, 1995, 1995 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

A quando risale il suo primo utilizzo degli specchi?
Credo al 1981, per la Kunsthalle di Düsseldorf. Prima di allora, avevo disegnato una stanza di specchi per la mostra Westkunst di Kasper Konig, ma non fu mai realizzata. Restano degli schizzi: quattro specchi per una stanza.

Interview with Hans Ulrich Obrist, 1993, 1993 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Nel corso degli anni, il vetro è divento sempre più importante nel suo lavoro. Nel 1967 ha realizzato il suo primo oggetto di vetro, le 4 lastre di vetro [CR: 160]. Qual'è l'essenza del suo rapporto con il vetro? In uno schizzo ha annotato: '.Vetro &ndash. Simbolo (vedere tutto, non comprendere nulla)'.. La cosa più prossima ai ready-made sono i suoi specchi.[&hellip.] Cosa vede nello specchio?
Me stesso. Ma subito dopo vedo che funziona come un dipinto, solo che in una maniera più perfetta. E come un quadro, lo specchio mostra qualcosa che non si trova lì, o almeno non lì dove lo vediamo.

Quindi lo specchio sarebbe l'artista perfetto?
Esattamente.

 

Interview with Jan Thorn-Prikker, 2004, 2004 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

C'è stata un'influenza di Duchamp quando ha dipinto Donna che scende le scale (1965) [CR: 92]e Ema (1966) [CR: 134], o quando realizzò le 4 lastre di vetro [CR: 160]?
Conoscevo il lavoro di Duchamp e certamente non mancano influenze in tal senso. Potrebbe anche essersi trattato di una forma di antagonismo che ha agito a livello inconscio. In effetti, il suo dipinto Nudo che scende le scale era piuttosto irritante per me. Lo guardavo con molta stima, ma non ho mai potuto accettare il fatto che avesse sdoganato una volta per tutte un certo tipo di pittura. Feci quindi l'opposto e dipinsi un nudo convenzionale. Ma, come detto, si trattò di un processo inconscio, più che di una strategia. Lo stesso successe con le 4 lastre di vetro. Credo che qualcosa in Duchamp proprio non mi si addicesse. Tutti questi misteri... e proprio per questo ho dipinto dei semplici riquadri di vetro e mostrato l'intero problema della finestra di vetro sotto una luce completamente diversa.

Interview with Jonas Storsve, 1991, 1991 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

[…] I quadri Zio Rudi [CR: 85], Uomo con cane [CR: 94] e i 48 ritratti [CR: 324] mostrano la perdita della figura paterna: la fotografia dello zio piccolo e sperduto, ma splendente nella tenuta da ufficiale, l'immagine ambigua di suo padre che sembra quasi un clown, la schiera intimidatoria di ritratti di diversi modelli maschili. Tutti questi quadri si riferiscono all'idea della perdita del padre.
Si, è vero e non ho difficoltà ad ammetterlo perché è stata l'esperienza di un'intera generazione, quella del dopoguerra, o addirittura di due generazioni che hanno perso i padri per ragioni diverse: alcuni in senso letterale perché morti in guerra, altri perché tornarono a casa fisicamente e mentalmente distrutti, umiliati e rovinati. E poi c'erano anche quelli colpevoli di crimini. Tre generi di padre che non vorresti mai avere. Ogni bambino vuole avere un padre di cui essere fiero.

Interview with Babette Richter, 2002, 2002 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Come considera i suoi ritratti femminili?
Be', rivedendo recentemente nella mostra di New York tutti i ritratti di donna vicini, sono rimasto colpito da come queste immagini siano tra di loro in contraddizione. Ci sono immagini di donne idealizzate, a partire dal nudo di Ema [CR: 134], in cui sembra veramente che stia scendendo le scale come un angelo che scende dal cielo. Poi c'è il ritratto di mia figlia Betty [CR: 663-5], che è un altro tipo di idealizzazione perché il suo vero significato è l'aspirazione alla cultura, alla bellezza nell'arte, cose a cui noi non abbiamo più accesso; ed ecco perché volta le spalle. Poi c'è Lettrice [Reading Woman] [CR: 804], che è un'altra immagine idealizzata perché è talmente debitrice di Vermeer, l'artista-dio, che cerca di esprimere la stessa bellezza. Chi lo sa, forse rappresentano gli ideali a cui aspiro. Poi dall'altro lato ci sono le vittime. I quadri in bianco e nero di donne rappresentano piuttosto la loro quotidianità e attirano l'attenzione solo quando succede loro qualcosa di grave, quando diventano delle vittime, come nel caso delle otto infermiere tirocinanti [CR: 130], o di altre. I quadri diIsa paintings [CR: 790-4, 790-5] sono basati su delle foto che ho fatto io. Non ho mai invece dipinto mia madre. Appare solo in un ritratto di famiglia [CR: 30]

Interview with Babette Richter, 2002, 2002 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Oggi sappiamo che diversi ritratti rappresentano dei membri della sua famiglia e di queste persone conosciamo ormai le vicende. Prendiamo ad esempio il ritratto di sua zia Marianna [CR: 87], uccisa nel febbraio del 1945, o di suo zio Rudi [CR: 85], vestito con l'uniforme della Wehrmacht. Perché non ha raccontato questi fatti biografici per tanto tempo?
Non avevo voglia che le persone parlassero di questi argomenti. Volevo che osservassero le pitture e non l'artista o i suoi parenti, altrimenti mi avrebbero ben presto etichettato in qualche categoria e sarebbero arrivati a una conclusione affrettata. In realtà i fatti (i nomi e le date) non mi sono mai interessati granché. Queste cose sono come un linguaggio estraneo che può interferire con il linguaggio della pittura, o che può addirittura ostacolarne l'evoluzione. Possiamo paragonarlo ai sogni: abbiamo un linguaggio figurativo personale e molto specifico che possiamo accettare così com'è o cerare di tradurlo in modo grezzo e approssimativo. Certamente si possono ignorare i sogni, ma sarebbe un peccato perché i sogni sono utili.

SPIEGEL interview, conducted by Susanne Beyer and Ulrike Knöfel, 2005, 2005 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Considera le sue opere su carta alla pari di quelle su tela?
Be', ad essere sincero, mi ci è voluto del tempo. È solo dal 1976 che mi sono concesso di realizzare queste piccole opere. Prima ero convinto che dovessi giustificare sul piano teorico tutto quello che facevo. Questa convinzione non era del tutto corretta, ma ci credevo. Disegnare o dipingere su carta è molto più impulsivo che dipingere su tela. Non richiede grandi sforzi e puoi buttare via facilmente quello che non ti piace, mentre le grandi tele richiedono più tempo ed energie. Pensavo che l'immediatezza delle opere su carta portasse solo a risultati aleatori e virtuosi e questo non mi interessava.

Interview with Anna Tilroe, 1987, 1987 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Le prime serie di acquerelli datano tra la fine del 1977 e l'inizio del 1978. C'è una ragione per cui si dedica adesso più assiduamente a questa tecnica?
Era la più adatta ed era una buona scusa per trascorrere due settimane di vacanza a Davos. Gli acquerelli sono più facili da fare in una stanza di hotel.

Interview with Dieter Schwarz, 1999, 1999 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

A volte descrivi te stesso come un pittore classico.
Non sono mai davvero sicuro del significato di questa parola, ma comunque erroneamente
la uso, 9;classico9; è sempre stato il mio ideale, per quello che posso ricordare, e qualcosa di
“classico” e’ sempre stato con me, fino a questo giorno. Certo, ci sono state difficoltà, perché
in confronto al mio ideale, non mi sono nemmeno avvicinato.

Non ho niente da dire e lo dico, Conversazione tra Gerhard Richter e Nicholas Serota, primavera 2011, 2011 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

E che cos9;è che collega Vermeer, Palladio, Bach, Cage?
E 9;quella stessa qualità di cui ho parlato. Non è né artificiosa, né sorprendente o
intelligente, non è sconcertante, non è spiritosa, non è interessante ne cinica, è quella cosa
che non può essere pianificata e probabilmente non può nemmeno essere descritta. E 9;solo
bella.

Non ho niente da dire e lo dico, Conversazione tra Gerhard Richter e Nicholas Serota, primavera 2011, 2011 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Se non credete in Dio, in che cosa credere?
Beh, in primo luogo, credo che bisogna sempre credere. E 9; l9;unico modo; dopo tutto siamo entrambi convinti che faremo questa mostra. Ma non posso credere in Dio, in quanto tale. Lui è troppo grande o troppo piccolo per me ed e’ sempre incomprensibile, incredibile.

I Have Nothing to Say and I'm Saying it, Conversazione tra Gerhard Richter e Nicholas Serota, Spring 2011, 2011 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Con un pennello lei ha il controllo. La vernice va sul pennello e fa il segno. Per esperienza lei sa esattamente cosa succederà. Con il seccatoio si perde il controllo.
Non tutto, ma parte. Dipende dall9;angolo, dalla pressione e la particolare vernice che sto usando.

I Have Nothing to Say and I'm Saying it, Conversazione tra Gerhard Richter e Nicholas Serota, Spring 2011, 2011 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Questa volta l9;intero piano è coperto da ritagli di periodici illustrati, una mia nuova strana passione (otto giorni ormai): ho tagliato le foto da riviste illustrate e le ho sciolte con una soluzione chimica e magnetica e successivamente le ho spalmate. Questo è un divertimento favoloso. Ho sempre amato le riviste illustrate, forse a causa della loro attualità nella documentazione. Ho anche già fatto un paio di tentativi di dipingere qualcosa di simile in un formato più grande. Curioso di vedere come continuerà. Io sto inseguendo qualcosa che in un certo senso assomiglia al più recente movimento: Pop art (da popolare), probabilmente è nata in America ed ora sta scaldando le menti qui.

Lettere ai due amici artisti. Da Düsseldorf, 10 Marzo 1963, a Helmut ed Erika Heinze, 1963 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

La sua generazione è stata influenzata in modo significativo dal 1968, ma non e stato il suo caso. Pensa che anche questo sia dovuto alla GDR?
Sicuramente ha avuto a che fare con la GDT. Io in realtà non so cosa i manifestanti in Occidente volevano veramente. E 'stato fantastico qui, cosi’ tanta libertà, e quello era quello che loro chiamano muffa, classe media, e fascista, un periodo tetro.

Tetro era quello che la GDR era, ed essa sola aveva adottato, quasi invariati, i metodi della Germania nazista di intimidazione e di idee sulla propaganda e l'uso della forza.

Su Pop, Oriente e Occidente, e alcune delle sorgenti di immagini. Uwe M. Schneede in Conversazione con Gerhard Richter, 2010 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Nel 1963, lei ha scritto a Helmut Heinze dicendo che aveva trovato 'immagini emblematiche' del tempo nei tabloid, e che come artista era snob respingere tali immagini popolari. Voleva che le foto piacessero alle persone?

Il desiderio di piacere è diffamato, ingiustamente.

Ci sono molti lati di esso. Prima di tutto, le immagini devono suscitare interesse prima che la gente le guardi, e poi devono mostrare qualcosa che sostenga l’interesse e, naturalmente, devono essere presentabile, proprio come una canzone deve essere cantata bene, altrimenti la gente scappa. Non bisogna sottovalutare questa qualità, e sono sempre stato felice quando i miei pezzi hanno suscitato interesse anche alle guardie del museo, i laici.

Su Pop, Oriente e Occidente, e alcune delle sorgenti di immagini. Uwe M. Schneede in Conversazione con Gerhard Richter, 2010 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

Ricorda dove ha trovato il coraggio di questo ciclo, precisamente nel 1988?

Le esperienze accumulate nel corso degli anni di carattere generale e di natura personale. Un sacco di cose diverse sono successe prima che l'idea e la decisione siano state sviluppate e realizzate.

Su Pop, Oriente e Occidente, e alcune delle sorgenti di immagini. Uwe M. Schneede in Conversazione con Gerhard Richter, 2010 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14

All9;inizio ho cercato di accogliere tutto quello che era qualcosa a metà strada tra arte e spazzatura e che in qualche modo sembrava importante per me ed un peccato da buttare via. Dopo un po9; alcuni fogli in Atlas hanno acquisito un altro valore - cioè, mi sembrava che essi potevano stare in piedi anche in termini propri, non solo sotto la protezione dell9;Atlante.

Interview with Dieter Schwarz, 1999, 1999 SOURCE
Gerhard Richter: Text. Writings, Interviews and Letters 1961–2007, Thames & Hudson, London, 2009, p. 14